Rrushbull: prima esperienza internazionale con la Missione Arcobaleno

Il campo è ormai vuoto, i kosovari sono ritornati a casa, non sarà forse una casa ancora accogliente ma sicuramente migliore di una tenda piantata in terra straniera, anche se questa si è dimostrata accogliente, grazie anche alla presenza di tante persone che hanno portato il loro sostegno.
L’Italia, gli italiani e noi popolo di volontari abbiamo recepito il grido di aiuto lanciato da queste persone e siamo stati colpiti da questo esodo biblico cui il popolo kosovaro è stato costretto a subire (qualcuno potrà eccepire che la colpa è anche nostra per il solo motivo di aver partecipato alle operazioni di guerra, direttamente o indirettamente).
Dal silenzio del campo di Rrusbull, rimasto vuoto, si sentono, se uno si mette a riflettere, le voci dei primi momenti, le richieste di aiuto e di accoglienza, le file per i pasti e la distribuzione dei materiali, il rumori delle ruspe in movimento che stendevano la ghiaia per ricoprire l’acquitrino, per il montaggio delle cucine da campo, dei bagni, il suono dei martelli sui picchetti delle tende che a mano a mano andavano a creare questo tetto provvisorio per l’accoglienza degli oltre 2300 profughi.
Quante persone abbiamo incontrato, quante ne abbiamo viste passare per informarsi sulle condizioni dei profughi, quante ne sono venute a vedere il campo, la sua struttura, il suo funzionamento? Neppure noi possiamo contare quante mani abbiamo stretto, quante storie ci siamo sentiti raccontare, quante necessità e bisogni; ora nel silenzio di questo luogo tutte ci passano nella memoria, tante scene che si rivedono dinanzi a nostri occhi.
E’ stata una esperienza che ha lasciato dentro ognuno di noi una traccia o un solco difficile da dimenticare, ma anche questo fa parte del bagaglio di esperienze che un volontario ha la fortuna di poter vivere.
La missione Arcobaleno si sposterà forse a breve in kosovo con forme di assistenza diverse, l’impegno è quello di seguire anche questa fase; l’augurio è per una pace stabile e duratura, la speranza quella di aver potuto seguire l’insegnamento del Divino Maestro: avevo fame, avevo sete, ero forestiero, ero ignudo, ero malato…

Testimonianza di un volontario in Kosovo

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