Una mattina si presenta al Centro di Rianimazione, all’Ospedale dove lavoravo, una coppia di giovani sposi inviata da un medico di un altro reparto.
Volevano parlare con una “esperta del Centro per la Vita” e il medico li aveva inviati a me… Li accolgo in piedi, nel pronto intervento di una unità intensiva, con nel cuore la trepidazione per un ragazzo, figlio unico, che, in coma, stava lottando per la vita porno.
Ricordo il viso di lei, dolcissimo, incorniciato da capelli biondi, gli occhi azzurri luminosi che vedi spesso in chi è in attesa di un bambino. Lei incomincia a parlare: attende un bambino, ma non pensa di tenerlo perché ne ha altri tre e il marito ha qualche problema di salute, prima però lei e suo marito volevano sentire me del Centro per la vita perché dicessi loro se vi possono essere conseguenze fisiche e psichiche in seguito all’aborto.
Io non ero l’esperta che essi pensavano, ma li ho ascoltati e subito amati. Poi dissi loro semplicemente: “Bisognerebbe chiedere al vostro bambino se è contento o no di essere abortito” e, tracciando con l’indice della mano le sopracciglia e gli occhi di un piccolo volto, continuai: “Lui che ha già i capelli e il visino, gli occhi azzurri come i suoi, signora, e il cuoricino che batte per dire grazie che lo avete chiamato alla vita”.
E’ sceso tra noi un silenzio che sapeva di… miracolo, di riflessione, di preghiera. Era la quiete dopo la tempesta. Pensavo di aver parlato troppo forte, troppo decisa, con una verità immediata, senza prefazioni. Avevo sbagliato? Se ne andarono in silenzio e la sera che nacque Daniela, il papà, mi disse: “Non glielo abbiamo forse mai detto. Ma tornati a casa quel giorno non avevamo pace. Io, che non volevo quel bimbo, durante la notte l’ho sognato: era bello, proprio come lei me lo aveva mostrato tracciando con il dito il suo viso”. Io ho pensato alla miracolosa stranezza: alle volte basta un segno nell’aria per salvare una vita!